lunedì 19 dicembre 2011

L'Abbraccio


La ragazza era di pessimo umore.
Aveva tutte le sue spine fuori, proprio come un porcospino tormentato da un cane.
Troppi compiti a casa, troppe interrogazioni, troppo tutto... ecco!
La madre le ripeteva la solita predica, con ragionamenti, spiegazioni e raccomandazioni.
La ragazza si fece ancora più scura.
Poi guardò la madre dritta negli occhi e scandì:
«Mamma, sono stanca e stufa delle tue prediche.
Perché invece non mi prendi tra le tue braccia e mi tieni stretta?
Nessun consiglio potrà mai farmi altrettanto bene!».
La madre rimase a bocca aperta.
Gli occhi della figlia imploravano un abbraccio.
Con la voce rotta dalla voglia di piangere, disse:
«Vuoi... vuoi che ti abbracci?
Ma lo sai che anch'io... anch'io voglio che tu mi abbracci ?».
Accolse la figlia nelle braccia aperte e la strinse a sé, come fosse ancora una bimba.
E, quasi d'incanto, non ci furono più discussioni...
Chiunque, non importa l'età (anche a ottant'anni), ha bisogno del conforto di un abbraccio,
di essere tenuto stretto, di un'espressione concreta d'amore.
Spesso diventiamo troppo riservati, troppo timidi per mostrare i nostri veri sentimenti.
E allora li nascondiamo dietro una maschera fredda e severa, per la paura di lasciar intravedere la nostra vulnerabilità a coloro che amiamo.
Ma è solo il calore umano che ci può salvare dal grande freddo di quest'epoca...

sabato 17 dicembre 2011

L'asino e il flauto

 
Abbandonato in un campo giaceva da qualche tempo un Flauto che ormai nessuno più suonava, finché un giorno un Asino che passava di là vi soffiò forte dentro facendogli produrre il suono più dolce della sua vita, della vita dell'Asino e del Flauto.
Incapaci di capire quel che era accaduto, dato che la razionalità non era il loro forte e ambedue credevano nella razionalità, si separarono in fretta, vergognandosi della cosa migliore che l'uno e l'altro avessero fatto durante la loro triste esistenza!

Quanti flauti abbandonati e quanti asini, in questa vita.
Molti fra noi rimangono ignoti a se stessi nascondendo chi sono, e chiedono amore ad altri sconosciuti che parimenti si nascondono.
Ma ecco, qualche volta, uno squarcio, una rivelazione, una scintilla... Poi tutto finisce lì. Perché manca il coraggio. Ci vuole tanto coraggio per amare.
Ma ce ne vuole altrettanto per lasciarsi amare....

venerdì 16 dicembre 2011

Tenerezza

 
Un'estate, una famiglia di ricci venne ad abitare nella foresta. Il tempo era bello, faceva caldo, e tutto il giorno i ricci si divertivano sotto gli alberi. Poi correvano nei campi, nei dintorni della foresta, giocavano a nascondino tra i fiori, acchiappavano mosche per nutrirsi e, la notte, si addormentavano sul muschio, nei pressi delle tane. Un giorno, videro una foglia cadere da un albero: era autunno. Giocarono
a rincorrere la foglia, dietro le foglie che cadevano sempre più numerose; ed essendo le notti diventate un po' più fredde, dormivano sotto le foglie secche.
Faceva però sempre più freddo. Nel fiume a volte si formava il ghiaccio.
La neve aveva ricoperto le foglie. I ricci tremavano tutto il giorno, e la notte non potevano chiudere occhio, tanto avevano freddo.
Così una sera, decisero di stringersi uno accanto all'altro per riscaldarsi, ma fuggirono ben presto ai quattro angoli della foresta: con tutti quegli aghi si erano feriti il naso e le zampe. Timidamente, si avvicinarono ancora, ma di nuovo si punsero il muso. E tutte le volte che uno correva verso l'altro, capitava la stessa cosa.
Era assolutamente necessario trovare un modo per stare vicini: gli uccelli si tenevano caldo uno con l'altro, così pure i conigli, le talpe e tutti gli animali.
Allora, con dolcezza, a poco a poco, sera dopo sera, per potersi scaldare senza pungersi, si accostarono l'uno all'altro, ritirarono i loro aculei e, con mille precauzioni, trovarono infine la giusta misura.
Il vento che soffiava non dava più fastidio; ora potevano dormire al caldo tutti insieme.

Dovrebbe esistere anche un "Decalogo della tenerezza". Potrebbe essere, più o meno, così:
1. Poiché la tenerezza è possibile, non c'è nessuna ragione per starne senza.
2. Parlatevi un po' ogni giorno.
3. Crescete insieme, continuamente.
4. Stimati. Gli unici che apprezzano uno zerbino sono quelli che hanno le scarpe sporche.
5. Sii compassionevole.
6. Sii gentile. L'amore non ammette le cattive maniere.
7. Scopri il lato buono e bello delle persone, anche quando fanno di tutto per nasconderlo.
8. Non temere i dissapori e i litigi: solo i morti e gli indifferenti non litigano mai.
9. Non farti coinvolgere dalle piccole irritazioni e meschinità quotidiane.
10. Continua a ridere. Tiene in esercizio il cuore e protegge da disturbi cardiaci.

mercoledì 14 dicembre 2011

Desiderata


Desiderata
Va' serenamente in mezzo al rumore e alla fretta
e ricorda quanta pace ci puo' essere nel silenzio.
Finche' e' possibile senza doverti arrendere conserva
i buoni rapporti con tutti.
Di' la tua verita' con calma e chiarezza, e ascolta gli altri,
anche il noioso e l'ignorante, anch'essi hanno una loro storia da raccontare.
Evita le persone prepotenti e aggressive, esse sono un tormento per lo spirito.
Se ti paragoni agli altri, puoi diventare vanitoso e aspro,
perche' sempre ci saranno persone superiori ed inferiori a te.
Rallegrati dei tuoi risultati come dei tuoi progetti.
Mantieniti interessato alla tua professione, benche' umile;
e' un vero tesoro rispetto alle vicende mutevoli del tempo.
Sii prudente nei tuoi affari, poiche' il mondo e' pieno di inganno.
Ma questo non ti impedisca di vedere quanto c'e' di buono;
molte persone lottano per alti ideali, e dappertutto la vita e' piena di eroismo.
Sii te stesso. Specialmente non fingere di amare.
E non essere cinico riguardo all'amore,
perche' a dispetto di ogni aridita' e disillusione esso e' perenne come l'erba.
Accetta di buon grado l'insegnamento degli anni,
abbandonando riconoscente le cose della giovinezza.
Coltiva la forza d'animo per difenderti dall'improvvisa sfortuna.
Ma non angosciarti con fantasie.
Molte paure nascono dalla stanchezza e dalla solitudine.
Al di la' di ogni salutare disciplina, sii delicato con te stesso.
Tu sei un figlio dell'universo, non meno degli alberi e delle stelle;
tu hai un preciso diritto ad essere qui.
E che ti sia chiaro o no, senza dubbio l'universo va schiudendosi come dovrebbe.
Percio' sta in pace con Dio, comunque tu Lo concepisca,
e qualunque siano i tuoi travagli e le tue aspirazioni,
nella rumorosa confusione della vita conserva la tua pace con la tua anima.
Nonostante tutta la sua falsita', il duro lavoro e i sogni infranti,
questo e' ancora un mondo meraviglioso. Sii prudente.
Fa di tutto per essere felice. 

Questo testo bellissimo viene quasi sempre presentato come "Manoscritto del 1692 trovato a Baltimora nell'antica chiesa di San Paolo".
Invece nel 1959 il reverendo Frederick Kates rettore della chiesa di St. Paul, a Baltimore, Maryland, incluse questo pensiero in una raccolta di materiale devozionale. 
In cima alla raccolta, c'era l'annotazione "Old St. Paul's Church, Baltimore, A.C. 1692", che è l'anno di fondazione della chiesa... da qui l'equivoco.
In realtà, l'autore di questi versi è Max Ehrmann, un poeta di Terre Haute, Indiana, vissuto dal 1872 al 1945, e scrisse Desiderata intorno al 1927.

domenica 11 dicembre 2011

Aforisma

 
Il tempo che abbiamo quotidianamente a nostra disposizione è elastico: le passioni che sentiamo lo espandono, quelle che ispiriamo lo contraggono; e l'abitudine riempie quello che rimane.
-Marcel Proust-

-Diego Cugia, Jack Folla - Alcatraz


Jack Folla c’è, è l’ora di pranzo e io non ho nessuno, né davanti, né dietro, né ai fianchi. Una donna non mi sta preparando da mangiare, un amico non mi chiamerà alle 14 e 28 per commentare la puntata di oggi, i miei sono morti, e comunque mia madre ascoltava Radio 3, con mio fratello c’ho litigato e il resto dei Folla mi considera la pecora nera della famiglia, anche se il gregge nero, se mai, è il loro e io la pecora rossa, come la Primula. Ho ricevuto un paio di e-mail che mi chiedono di parlare della solitudine, ma io non so da che parte prenderla, perché nelle vite solitarie, tristezza e felicità si rincorrono come lepre e cavaliere e non capisci mai chi è che dà la caccia all’altro. La stragrande maggioranza della gente, il branco, considera la solitudine una cosa a metà tra l’alluvione di Firenze e il paese di Bengodi. Quando mangio da solo in trattoria, per esempio, le coppie mi guardano con compassione mesta. Se, invece, sono sposati da qualche anno, con invidia.
Ma anche noi, gente sola, facciamo lo stesso, più o meno: se è una giornata cupa, sbirciamo la coppia di innamorati sentendoci esclusi dall’amore, la tavolata di parenti sentendoci senza famiglia. Nelle giornate cupe siamo tutti de amicisiani. In quelle in cui è la lepre a rincorrere il cacciatore, invece, la stessa coppia di amanti ci fa tenerezza, e davanti a quella tavolata di parenti che gesticolano con l’abbacchio in mano, ringraziamo Iddio di averci scampati. […]
Nelle giornate felici siamo balzachiani, piccoli e grandi avventurieri di provincia pronti a conquistare Parigi. E allora una donna sarebbe di troppo e una famiglia una palla al piede.
Qualcuno pensa che le persone sole non vogliano pagare i prezzi della responsabilità di mettere su famiglia, che siano degli eterni piccoli Pan. Qualche volta è così, ma quelli li riconoscete subito, hanno la faccia da bambini vecchi e cuori molto sterili: le sessantenni vestono come fate turchine, e i maschi hanno pantaloni a zampa d’elefante. E’ il modello di giovane che hanno in testa che è antico, per cui il trucco non gli riesce.
La solitudine adulta non è sempre verde: ha le sue rughe e le sue piccole e grandi follie, ma una grande dignità. Credo che questa derivi da due cose: la scarsa propensione al compromesso e l’accettazione a priori che si nasce e si muore soli. Attenti, non è una banalità. Certo che lo sanno tutti, ma non è il saperlo che conta, è il non fuggirlo.
Quando una persona sola è serena, è più forte del branco. Quando ha paura non è mai il panico del branco, quello che fa calpestare i bambini nella fuga. Insomma, il mio invito è quello di guardare le persone sole con più rispetto e intelligenza. Quella che a voi sembra una zitella da compatire, spesso è solo una persona che sogna con più risolutezza di voi e mantiene fede al proprio sogno. Non si accoppia per non rimanere sola, se lo fa è per stare soli insieme.
Le persone sole sanno amare in modo assoluto. Sono quelle che attendono per anni il loro momento, e magari si giocano la vita in una notte. […]
Ecco perché, quando due persone sole si incontrano per amarsi sembra una messa di Natale: capita una volta l’anno, ma è un appuntamento a cui non puoi mancare. E’ quell’amore che dà la gioia di quando, bambini, facevamo il presepio: muschio e carta stellata. Questo è l’asso che calano le persone sole quando amano.
Il branco le teme, io le trovo irresistibili.
-Diego Cugia, Jack Folla - Alcatraz

Non posso più esser contento

 
Non posso più esser contento,
per tutti i miei giorni devo portare
nella mia nostalgia la tua immagine.
Son proprio tuo.
-Federico Garcia Lorca-

venerdì 9 dicembre 2011

Il segreto della bilancia


Un uomo gravemente ammalato fu accolto in una comunità e messo in una grande stanza insieme a molti altri ammalati.
Ma poco dopo essere deposto sul suo giaciglio, chiamò a gran voce il superiore.
"In che luogo mi avete portato?", protestò.

"Le persone che ho dintorno ridono e scherzano come bambini!
Non sono certe ammalate come me!"
"A dire la verità lo sono molto più di lei!", rispose il superiore, "ma hanno scoperto un segreto, che oggi pochissimi conoscono o che, pur conoscendolo, non ci credono più."
"Quale segreto?" domandò l'uomo.
"Questo!",
rispose un anziano dal letto confinante.
Estrasse dal comodino una piccola bilancia, prese un sassolino e lo depose su un piatto; subito l'altro si alzò.
"Che stai facendo?", chiese l'uomo.
"Ti sto mostrando il segreto!
Questa bilancia rappresenta il legame che esiste fra uomo e uomo.
Il sassolino è il tuo dolore che ora ti abbatte.
Ma mentre abbatte te, solleva l'altro piatto della bilancia permettendo ad un altro di gioire.
Gioia e dolore si tengono sempre per mano.
Ma bisogna che il dolore sia offerto, non tenuto per sé; allora fa diventare come bambini e fa fiorire il sorriso anche in punto di morte".
"Nessuna scienza giustifica quello che tu dici!", fu la riflessione dell'uomo.
"Appunto per questo c'è in giro tanto dolore vissuto con amarezza.
Qui non è questione di scienza ma di fede.
Perché non entri anche tu nella bilancia dell'amore?".
L'uomo accettò la strana proposta.
E fu così che quando guarito, rivisse istanti di gioia, non poté non pensare alla sofferenza degli altri.
E si sentì legato agli uomini di tutto il mondo da un sottile filo d'oro.

Per molti rimarrà solo un bell'apologo.
Ma se un domani dovessi incontrare un ammalato che sa sorridere, un infelice capace di gioire, un handicappato che ha fiducia nella vita, ricordatelo:
probabilmente hai incontrato qualcuno che conosce il segreto della bilancia...

Io non pretendo di sapere

 
Io non pretendo di sapere cosa sia l’amore per tutti,
ma posso dirvi che cosa è per me:
l’amore è sapere tutto su qualcuno,
e avere la voglia di essere ancora con lui
più che con ogni altra persona.
L’amore è la fiducia di dirgli tutto su voi stessi,
compreso le cose che ci potrebbero far vergognare.
L’amore è sentirsi a proprio agio
e al sicuro con qualcuno,
ma ancor di più è sentirti cedere le gambe
quando quel qualcuno entra in una stanza e ti sorride.
-Albert Einstein-

giovedì 8 dicembre 2011

Il cavallo selvaggio e il cavallo domestico

 
Un cavallo selvaggio incontrò un cavallo domestico e cominciò a rimproverano per la sua condizione di schiavitù. La bestia domata replicò sostenendo di essere libera come il vento.
"E allora", disse l'altro, "spiegami un po' a cosa serve quell'arnese che hai in bocca".
"E' ferro", fu la risposta, "uno dei tonificanti più efficaci".
"Sì, ma cosa vogliono dire quelle redini che ci sono attaccate?".
"Servono a impedire che mi caschi dalla bocca quando sono troppo pigro per tenerlo stretto".
"E che mi dici della sella?".
"Mi risparmia molta fatica: quando sono stanco ci monto sopra e vado a cavallo".

Non c'è nessuno peggiore dello schiavo che bacia le proprie catene e dell'uomo che scusa le cattive abitudini che lo tengono prigioniero. Nessuno è libero se non è padrone di se stesso.
Afferma Isaiah Berlin:
«L'essenza della libertà è sempre consistita nella capacità di scegliere come si vuole scegliere e perché così si vuole, senza costrizioni o intimidazioni, senza che un sistema immenso ci inghiotta; e nel diritto di resistere, di essere impopolare, di schierarti per le tue convinzioni per il solo fatto che sono tue. La vera libertà è questa, e senza di essa non c'è mai libertà, di nessun genere, e nemmeno l'illusione di averla»

domenica 4 dicembre 2011

Aforisma


“Quando ci si tiene dentro qualcosa senza poterla dividere con nessuno, comincia a crescere in modo esagerato.”
-Haruki Murakami-

Aforisma


“E’ assurdo pensare di ritrovarsi un giorno colti, quando non si è letto un libro, o rispettati, se ci si è sempre comportati ingiustamente.Questi sono miracoli che non possono succedere, così come dal giallo con l’azzurro nascerà sempre il verde, non il rosa o il marrone: è verde. Verde matematico.”
-A.Paz-

'ora più solare per me

 
C’è un posto nel mondo dove il cuore batte forte, dove rimani senza fiato, per quanta emozione provi; dove il tempo si ferma e non hai più l’età; quel posto è tra le tue braccia in cui non invecchia il cuore, mentre la mente non smette mai di sognare… Da lì fuggir non potrò poichè la fantasia d’incanto risente il nostro calore e non permetterò mai ch’io possa rinunciare a chi d’amor mi sa far volare. 
-Alda Merini-

Panesciocco per gustare il contorno!: Marmellata di Kaki/cachi

Panesciocco per gustare il contorno!: Marmellata di Kaki/cachi

Marmellata di Kaki/cachi


I cachi (kaki), chiamati anche diosperi o pomi, sono ottimi per fare l’ultima marmellata dell’anno in quanto normalmente arrivano a maturazione completa ad inizio inverno.
Ho colto tutti quelli che il mio albero aveva prodotto ed ora che stanno maturando tutti insieme ho deciso di fare la marmellata con la ricetta classica di mia “nonna Maria”

Ingredienti
1 Kg di cachi,
800 g di zucchero semolato,
1 mela e 1 limone.

Come fare la marmellata di cachi

Sbucciate la mele e dopo averla fatta a piccoli pezzi mettetela in una pentola con il succo del limone.
Aggiungete i cachi puliti e fatti a pezzetti e cuocete per circa 10 minuti.
Con un mixer a immersione riducede il composto in una poltiglia oppure toglietelo dal fuoco e passatelo al passaverdura (io lascio tutto il composto intero senza frullarlo perchè a mio avviso è migliore se non ridotto a poltiglia).
Aggiungete lo zucchero e rimettete sul fuoco per almeno 40 minuti. Quando la marmellata ha raggiunto la giusta consistenza spengete il fuoco, mettetela nei vasi ancora a bollore, capovolgete il barattolo e il giorno dopo sterilizzate il tutto facendo bollire i barattoli per 40 minuti.

Salsa di Cioccolato mille usi


150 g zucchero
50 g cacao amaro
1 pizzico sale
vaniglia estratto
100 g acqua
mezzo cucchiaio di succo di limone o di arancia

Mettere lo zucchero, il cacao, il sale e la vaniglia in un tegamino e aggiungere mescolando l'acqua e il succo di limone o di arancia. Occorre che il fuoco sia al minimo e si mescola continuamente.
Come prende un leggerissimo bollore mescolare ancora circa un quarto d'ora.
Appena si toglie da fuoco è liquida ma si addensa un pochino raffreddandosi.
Mettere in un vasetto di vetro e conservare in frigo.
Si può usare così o scaldandola leggermente a bagnomaria o al microonde.
Ha mille usi..è ottima posta su della crema pasticcera....


sabato 3 dicembre 2011

Il semaforo blu


Una volta il semaforo che sta a Milano in piazza Duomo fece una stranezza.
Tutte le sue luci, ad un tratto, si tinsero di blu, e la gente non sapeva più come regolarsi.
"Attraversiamo o non attraversiamo?"
Stiamo o non stiamo?
Da tutti i suoi occhi, in tutte le direzioni, il semaforo diffondeva l'insolito segnale blu, di un blu che così blu il cielo di Milano non era mai stato.
In attesa di capirci qualcosa gli automobilisti strepitavano e strombettavano, i motociclisti facevano ruggire lo scappamento e i pedoni più prepotenti gridavano:
Lei non sa chi sono io!
Gli spiritosi facevano battute sarcastiche:
"Il verde se lo sarà mangiato il commendatore, per fare una villetta in campagna! il rosso lo hanno adoperato per tingere i pesci ai giardini pubblici! Con il giallo sapete che ci fanno?Allungano l'olio d'oliva!"
Finalmente arrivò un vigile e si mise in mezzo all'incrocio a districare il traffico.
Un altro vigile cerco la cassetta dei comandi per riparare il guasto, e tolse la corrente.
Prima di spegnersi il semaforo blu fece in tempo a pensare:
"Poveretti! Io avevo dato il via "libera" per il cielo.Se mi avessero capito, ora tutti saprebbero volare..."
 
Gli uomini sono abituati, come gli automobilisti, a vivere con la testa china sul volante, badando alla strada, ciascuno chiuso nella sua scatola di ferro, preoccupati del lavoro, del denaro, delle mille "grane" quotidiane.
L'Avvento è come il semaforo blu.
E' qualcosa che ti dice: "Fermati! Stai buttando via un tesoro!
Non c'è solo la terra!
Guarda su! C'è anche il cielo! Tu amico mio puoi anche sognare e se non smetti di farlo, i tuoi sogni possono realizzarsi.”
Ma è una voce esile e molti, spesso, la ignorano …
Buon pomeriggio a tutti, io cerco l'azzurro tra le nubi che guardano curiose gli affanni della mia amata Valdinievole!

venerdì 2 dicembre 2011

L'ostrica e il Cavalluccio Marino


Passeggiando sul fondo del mare, un giorno un Cavalluccio marino vide una giovane Ostrica. Doveva essere arrivata da poco, perché il Cavalluccio, appassionato di passeggiate e molto estroverso, non l’aveva mai vista prima.
“Buongiorno!”, disse gentilmente il Cavalluccio bussando piano sul guscio dell’Ostrica. Stava per proseguire, pronto a godere le meraviglie del mare e delle sue creature, quando una voce dolcissima gli rispose: “Per me sarà certamente un buon giorno: ti sei accorto di me!”.
“Tu non sei di qua, vero?”. Domandò il Cavalluccio, che cominciava a essere incuriosito da quella strana creatura, grigia, rugosa.
“No, però qualche volta le correnti mi avevano già portata dove ci troviamo ora...”.
“Allora conoscerai i miei amici! Il Granchio forte e loquace, la Medusa affascinante e un po’ pungente....”.
“Veramente no...Io non ho amici”.
“Davvero?Mi sembra impossibile!”.
“Vedi, io sono molto timida, non sono bella, non so fare tante cose...”
“Che cosa dici? Tutti sanno fare compagnia a qualcuno”.
Il Cavalluccio fu felice di rimanere ancora in compagnia dell’Ostrica, e l’Ostrica cominciò a rilassarsi, tanto da schiudersi un po’: non aveva mai compreso che poteva essere così facile donare e ricevere gioia!
Scese la notte e il riflesso della luna brillò sul fondo del mare. Solo allora il Cavalluccio e l’Ostrica si sentirono un po’ stanchi. Rimasero qualche istante in silenzio, poi l'ostrica mormorò: “ Sono stata tanto felice, oggi. Voglio offrirti un regalo che spero ti faccia piacere”.
E davanti agli occhi ammirati del Cavalluccio, l’Ostrica si aprì e porse una bellissima perla dalle venature rosate, che brillava al chiarore della luna.
“Questo è il mio regalo per te. Prendila!”, trillò l’Ostrica.
Il Cavalluccio prese la perla con delicatezza. Era luminosa e calda...e il Cavalluccio sentì tutto l’amore dell’ostrica fluire dentro di lui.

Quante volte siamo stati Cavalluccio o Ostrica?
Io ho sperimentato la bellezza dell’Ostrica e la sua solitudine...
Possiamo rendere felici tutti quelli che vivono con noi e possiamo farlo semplicemente donando il nostro ascolto, il nostro tempo, le nostre conoscenze.. e questo ci permetterà di scoprire tesori inimmaginabili che finirebbero altrimenti sprecati.
Lo possiamo fare con molto poco. Allora, iniziamo...

giovedì 1 dicembre 2011

Il miracolo del grazie


Un uomo e una donna si sposarono in tarda età e con grande loro gioia e sorpresa ebbero un figlio. Lo allevarono con tutto l'amore e la cura possibili e, pur essendo molto poveri, lo mandarono alla scuola di un saggio perché crescesse anche nello spirito.
Tornato a casa, il ragazzo aveva un unico desiderio: sdebitarsi in qualche modo con i suoi genitori.
"Che potrei mai fare" chiese loro "di realmente gradito per voi?".
"La cosa più cara che abbiamo sei tu, figliolo" risposero i due anziani. "Se però vuoi proprio farci un regalo, procuraci un po' di vino. Ne siamo golosi, e sono tanti anni che non ne beviamo un goccio...".
Il ragazzo non aveva un soldo. Un giorno, mentre andava nel bosco a far legna, attinse con le mani l'acqua che precipitava da un enorme cascata e ne bevve: gli parve avesse il sapore del vino più dolce e schietto. Ne riempi un orcio che aveva con sé e tornò in fretta a casa.
"Ecco il mio regalo" disse ai genitori. "Un orcio di vino per voi".
I genitori assaggiarono l'acqua e, pur non sentendo altro gusto che quello dell'acqua, gli sorrisero e lo ringraziarono molto.
"La prossima settimana ve ne porterò un altro orcio" disse il figlio. E così fece per molte settimane di seguito. I due anziani stettero al gioco: bevevano l'acqua con grande entusiasmo ed erano felici di vedere la gioia fiorire sul volto del figlio.
Avvenne così un fatto meraviglioso: i loro acciacchi scomparvero e le loro rughe si appianarono.
Come se quell'acqua avesse qualcosa di miracoloso.

E' il miracolo del "grazie". Esistono persone che lavano, stirano, cucinano per altre persone per dieci, venti, trent'anni. Fanno loro compagnia, le curano, le amano giorno e notte. Eppure non si sono mai sentite dire "grazie".
Dire "grazie" non é una questione di galateo. Significa dire ad una persona: "Toh, mi sono accorto che tu esisti".
Per questo il mondo è pieno di persone invisibili.

lunedì 28 novembre 2011

Le 7 meraviglie


Era stato chiesto a un gruppo di studenti di redigere la lista di quelle che credevano essere « le sette meraviglie del mondo » della nostra epoca.
Ci sono state delle differenze, ma eccovi quelle che hanno ricevuto più voti:
1. Le piramidi d’Egitto
2. Il Taj Mahal
3. Il Grand Canyon
4. Il Canale di Panama
5. L’Empire State Building
6. La Basilica di S. Pietro
7. Le Grande Muraglia Cinese
Mentre dava le note, l’insegnante ha notato che una studentessa non aveva consegnato il suo foglio, ancora bianco.
L’insegnante chiese alla studentessa se avesse difficoltà a compilare la sua lista. Lei rispose: «sì, un po’. È difficile decidere, ce ne sono talmente tante!»
L’insegnante le disse «dicci quali sono le possibilità, potremmo aiutarti».
La ragazza esitò un po’, poi disse «Credo che le sette meraviglie del mondo siano :
1. VEDERE
2. SENTIRE
3. TOCCARE
4. GUSTARE
5. AVERE DEI SENTIMENTI
6. RIDERE
7. AMARE.

Ricordati: Le cose più preziose non possono essere comprate nè costruite dall’uomo.
Forse è giunto il momento che ognuno di noi si decida a "vedere" i grandi tesori che possiede e che cerca al di fuori di se stesso..

domenica 27 novembre 2011

Il piccolo mago


Il piccolo mago era sempre stato allegro e di buon umore. Ma negli ultimi tempi, veniva assalito da improvvise tristezze e pensieri pieni di nuvoloni neri.
Le mele sono mature, pensava, e io non ho nessuno con cui condividere una bella mela rossa. I funghi sono cresciuti nel bosco, ma non c'è nessuno che viene a raccoglierli con me per fare insieme una squisita pizza ai funghi. E sospirava pensando a come sarebbe stato
bello avere un amico.
Un giorno passò di là un ragazzo. Lesto il piccolo mago uscì dalla sua casetta nel bosco e gli domandò:
"Vuoi essere mio amico?".
"Ho già un amico, si chiama Mariolone" rispose il ragazzo e continuò la sua strada.
Allora il piccolo mago andò a trovare il leprotto e gli chiese: "Vuoi essere mio amìco?..."
Ma il leprotto si accontentò di scuotere la testa e fare "no" con le lunghe orecchie. La stessa cosa risposero il capriolo, il cinghiale e il boscaiolo.
"Tanto peggio per voi!" pensò il piccolo mago.
"Io posso farmi un amico perfetto con un colpo di bacchetta magica". Salì su una grossa pietra, si avvvolse nel mantello blu picchiettato di stelle dorare, alzò la bacchetta e pronunciò una formula magica. Poi chiuse gli occhi, perché voleva farsi una sorpresa, e quando li aprì, accanto a lui era ferma una minuscola civetta.
"Abracada... braccidenti!" esclamò sorpreso il piccolo mago, "mi ero immaginato un amico un po' più grosso".
"Un amico non si può fabbricare con un colpo di bacchetta magica" dichiarò la civetta, aprendo e chiudendo gli occhi grossi e tondi. "Un amico, bisogna meritarlo e guadagnarselo. E poco importa se è piccolo o grosso!".
Allora il piccolo mago si sforzò di guadagnarsi l'amicizia della piccola civetta. Cantavano insieme, giocavano agli indovinelli e il piccolo mago portava la civetta a passeggio tenendola sulla sua mano. Così un giorno si accorsero che erano diventati veramente amici ed era una cosa stupenda.
Ma un giorno, vagabondando nel bosco, giunsero in una dorata radura di faggi.
"Guarda" esclamò subito la civetta e indicò una cavità nera nel tronco di un albero. "È là che voglio abitare!".
"Ma", obiettò il piccolo mago, "tu non puoi abbandonarmi. Tu sei mio amico".
"Si" rispose la civetta, che era già scivolata nella cavità dell'albero, "ma io sono una civetta e una civetta deve abitare in un albero. È sempre stato così! Per favore, dammi il permesso! Io sarò felice. E chi ama veramente un amico, deve aiutarlo ad essere felice".
"Chi ama veramente un amico, deve aiutarlo ad essere felìce" ripeté lentamente il piccolo mago.
E così sono rimasti amici per sempre.

..."chi ama veramente un amico, deve aiutarlo ad essere felice".

sabato 26 novembre 2011

Realizza il tuo sogno...


Una volta ci fu una gara di formichine.
L'obiettivo era arrivare in cima a una gran torre.
Si radunò molta gente per vedere e fare il tifo per loro.
Cominciò la gara.
In realtà, la gente non credeva possibile che le formichine potessero raggiungere la cima, e tutto quello che si ascoltava erano frasi tipo:
"Che pena!!! Non ce la faranno mai!"
Le formichine cominciarono a desistere, tranne una che continuava a cercare di raggiungere la cima.
La gente continuava:
"Che pena!!! Non ce la faranno mai!"
Le formichine, uno dopo l'altra, iniziarono a darsi per vinte tranne la solita formica testarda che continuava ad insistere.
Alla fine, tutte desistettero tranne quella formica che, sola e con grande sforzo, raggiunse alla fine la cima.
Le altre, sorprese, vollero subito sapere come avesse fatto a non farsi condizionare dai giudizi negativi degli spettatori.
Una delle formiche si avvicinò ed ebbe il coraggio di chiederlo.
E così, scoprirono, che era sorda!

Preoccupati di essere sempre positivo e sii sempre sordo quando
qualcuno ti dice che non puoi realizzare i tuoi sogni...
Se intravedi la TUA FELICITA' RINCORRILA perchè lei non si ferma ad aspettarti..

Si chiamava Fleming


Si chiamava Fleming ed era un povero contadino scozzese.
Un giorno, mentre stava lavorando, sentì un grido d'aiuto venire da una palude vicina.
Immediatamente, lasciò i propri attrezzi e corse alla palude. Lì, bloccato fino alla cintola nella melma nerastra, c'era un ragazzino terrorizzato che urlava e cercava di liberarsi.
Il fattore Fleming salvò il ragazzo da quella che avrebbe potuto essere una morte lenta e orribile.
Il giorno dopo una bella carrozza attraversò i miseri campi dello scozzese; ne scese un gentiluomo elegantemente vestito che si presentò come il padre del ragazzo che Fleming aveva salvato:
"Vorrei ripagarvi, gli disse il gentiluomo, avete salvato la vita di mio figlio".
"Non posso accettare un pagamento per quello che ho fatto" replicò il contadino scozzese rifiutando l'offerta. In quel momento il figlio del contadino si affacciò alla porta della loro casupola.
"È vostro figlio?" Chiese il gentiluomo. "Si" rispose il padre orgoglioso.
"Vi propongo un patto: lasciate che provveda a dargli lo stesso livello di educazione che avrà mio figlio. Se il ragazzo somiglia al padre, non c'è dubbio che diventerà un uomo di cui entrambi saremo orgogliosi".
E così accadde. Il figlio del fattore Fleming frequentò le migliori scuole dell'epoca, si laureò presso la scuola medica dell'ospedale St. Mary di Londra e diventò celebre nel mondo come sir Alexander Fleming, lo scopritore della penicillina. Anni dopo, lo stesso figlio del gentiluomo che era stato salvato dalla palude si ammalò di polmonite.
Questa volta fu la penicillina a salvare la sua vita.
Il nome del gentiluomo era lord Randolph Churchill e quello di suo figlio sir Winston Churchill.

Nella vita quello che dai è quello che ti ritorna!
Lavorate come se non aveste alcun bisogno di uno stipendio, amate incondizionatamente e non andate a scrostare le ferite dovute alle arrabbiature, danzate come solo oi sapete fare incuranti di chi vi sta a guardare e giudica quello che state facendo, cantate anche se siete stonati e soprattutto sorridete alla vita!
Questa “storia vera” mi ha fatto molto riflettere sui valori che ognuno di noi ha e di come agisce secondo coscienza...
Buon fine settimana a tutti!

giovedì 17 novembre 2011

Il mio sguardo vaga


Quando il mio sguardo si posa
sul volto ricordato
ne rimane incatenato
e non sa da lì distaccarsi.
E' uno sguardo che va lontano
e si perde nel labirinto
delle emozioni insieme vissute.
Lì resta a sostare
e gli piace ripercorrere
le tappe del nostro procedere.
E' uno sguardo che viaggia,
non si stanca di veleggiare
verso i lidi costruiti,
con tenacia e determinazione,
da due animi che si completavano
e insieme procedevano.
Lo sguardo vaga,
l'orecchio risente la gioiosa risata,
l'olfatto percepisce quell'aroma
di tabacco e muschio
che ti caratterizzava.
Una melodia in lontananza
annuncia che la nostra musica
non è ancora terminata
e che aspetta di riessere
ascoltata...
-Annamaria Ponziani-

Non essere uno spettatore

 
Un giorno scoppiò un grande incendio nel bosco.
Tutti gli animali correvano per paura di morire.
Uno di loro, un piccolo scimmiotto, salì su un albero per osservare, dall'alto, come bruciava il bosco.
Ad un tratto vide come un colibrì, piccolino, piccolino, che volava con gran premura fino al lago più vicino, riempiva il suo piccolo becco con l'acqua, una o due gocce solamente, e ritornava velocemente a versare il liquido sul gran fuoco che minacciava di distruggere tutto.
Lo scimmiotto guardava con quanta premura il colibrì faceva il suo lavoro,
versando gocce d'acqua sul vorace incendio.
Ad un certo punto gridò al colibrì:
"Ehi, colibrì!
Non essere sciocco, tu credi di poter domare le fiamme con il tuo lavoro?
Non ci riuscirai mai! Non vedi che é enorme per te?
Non essere sciocco, desisti e mettiti in salvo!"
Il colibrì fissò con lo sguardo gli occhi dello scimmiotto e gli disse:
"E' vero, io sono piccolo e forse non riuscirò a spegnere il fuoco, però sto cercando di lottare contro l'incendio, e nessuno mi potrà mai dire che sono rimasto seduto ad osservare il bosco in fiamme senza preoccuparmene!"
Così dicendo, tornò al suo lavoro.
Lo scimmiotto si sentì a disagio dopo aver udito le parole coraggiose del colibrì; scese dall'albero, corse al lago, riempì la sua bocca e le sue mani d'acqua e tornò di corsa a versarla sul fuoco.
Altri animali del bosco, vedendo ciò che facevano il colibrì e lo scimmiotto,
cominciarono a fare altrettanto, e così, insieme, riuscirono a spegnere il fuoco, salvando le loro tane.

Non restare mai come spettatore ad osservare il mondo che brucia! Ognuno di noi ha delle responsabilità che non può e non deve delegare agli altri!
Non dobbiamo mai predicare bene e razzolare male, saremmo un pessimo esempio per i nostri figli che hanno bisogno di coesenza, coraggio, determinazione e senso di responsabilità!

giovedì 10 novembre 2011

Il coraggio di tagliare i rami

Un grande re ricevette in omaggio due pulcini di falco e si affrettò a consegnarli al maestro di falconeria perché li addestrasse.
Dopo qualche mese,
il maestro comunicò al re che uno dei due falchi era perfettamente addestrato.
«E l'altro?» chiese il re.
«Mi dispiace, sire, ma l'altro falco si comporta stranamente; forse è stato colpito da una malattia rara, che non siamo in grado di curare.
Nessuno riesce a smuoverlo dal ramo dell'albero su cui è stato posato il primo giorno.
Un inserviente deve arrampicarsi ogni giorno per portargli il cibo».
Il re convocò veterinari e guaritori ed esperti di ogni tipo, ma nessuno riuscì a far volare il falco.
Incaricò del compito i membri della corte, i generali, i consiglieri più saggi,
ma nessuno poté schiodare il falco dal suo ramo.
Dalla finestra del suo appartamento, il monarca poteva vedere il falco immobile sull'albero, giorno e notte.
Un giorno fece proclamare un editto in cui chiedeva ai suoi sudditi un aiuto per il problema.
Il mattino seguente, il re spalancò la finestra e, con grande stupore,
vide il falco che volava superbamente tra gli alberi del giardino.
«Portatemi l'autore di questo miracolo» ordinò.
Poco dopo gli presentarono un giovane contadino.
«Tu hai fatto volare il falco? Come hai fatto? Sei un mago, per caso?» gli chiese il re.
Intimidito e felice, il giovane spiegò: «Non è stato difficile, maestà. Io ho semplicemente tagliato il ramo.
Il falco si è reso conto di avere le ali ed ha incominciato a volare!»

Talvolta, Dio permette a qualcuno di tagliare il ramo delle nostre false sicurezze a cui siamo tenacemente attaccati, affinché ci rendiamo conto

di avere le "ali" per volare alto e fare della nostra vita un capolavoro...

mercoledì 9 novembre 2011

Romanzo

 
"Il romanzo è la storia naturale del cuore umano. La storia vi parla degli altri, il romanzo vi parla di voi".
-Alphonse Karr-

sabato 5 novembre 2011

Il pozzo e la pozzanghera


...riflessione della sera...
Un giorno una pozzanghera disse al pozzo vicino a sé: "Che vita insignificante la mia! Nessuno si accorge di me se non che qualche uccellino ogni tanto, per bere un po' d'acqua. Tu invece sei ben conosciuto e vengono a te da lontano, ti hanno dato persino un nome".
Il pozzo le rispose: "Cara amica mia, è vero che vengono da lontano e che mi hanno dato un nome, ma non vengono per me, vengono tutti a prendere l'acqua che la terra mi dona e se ne vanno felici per l'acqua che possono prendere. Ma a me va bene così, perché in ogni caso li vedo andar via contenti. Ma anche tu non devi lamentarti, perché è vero che non hai un nome ma quando la tua acqua è calma, riflette lo stupendo azzurro del cielo sulla terra, mentre la mia acqua non ha che buio attorno a sé.
Pensaci amica mia, ciò che conta sia per me che per te è permettere all'acqua che ci viene donata di dissetare chi ne ha bisogno.
Tu cara amica, disseti chi non sa più guardare il cielo".

...se ci si guarda intorno, forse si vede ciò che c'è, ma che non sappiamo apprezzare...

venerdì 4 novembre 2011

Ira e perdono


Un uomo era sovente preso dell'ira, specialmente quando si sentiva ferito nel suo intimo. E più manifestava la sua ira, più si accorgeva che la gente si allontanava da lui; per non ferirlo, preferiva tacere.
Addolorato per questo fatto, l'uomo andò un giorno a chiedere consiglio a un sapiente.
"Come sei nella tua ira?", gli domandò costui.
"Sono fuori di me".
"Hai detto bene. Mentre però tu sei fuori di te, gli altri sono in sé. In tal modo la tua ira, che per te è uno sfogo, per gli altri diventa una sopraffazione violenta. L'ira, per chi la subisce, ha il volto della vendetta. Se ti piace così..."
"Non mi piace", rispose l'uomo. "Come debbo fare?".
"Impara l'arte del perdono".
"Mi è così difficile perdonare..."
"Non ti chiedo di perdonare gli altri, ma te stesso. Quando sei preda dell'ira, abbi pietà di te: l'ira si scioglierà"

Il vero perdono, quindi, è incondizionato, ma può nascere solo dalla presa di coscienza umile e sincera della propria fragilità. In alcuni casi, però, noi non perdoniamo di cuore gli altri perché non sappiamo perdonare noi stessi: proiettiamo in loro le nostre fragilità che odiamo e che non osiamo confessare per orgoglio.
Spesso, poi, certe forme di perdono sono dettate da un sottile orgoglio o da un certo senso di superiorità, se non adirittura da un calcolo politico o da una ricerca di potere sugli altri...
Il difficile non è perdonare gli altri, ma perdonare noi stessi! Mondo birbone, è proprio difficile!

giovedì 3 novembre 2011

Non tagliare mai gli alberi in inverno


Ricordo che, un inverno molto rigido era finita tutta la scorta di legna che mio padre aveva fatto durante l'anno. Ora c'era bisogno d'altra legna, cosicché cercò un albero morto, e lo tagliò. quando arrivò la primavera, si rese conto, con gran tristezza,che quel tronco che lui aveva ritenuto morto, aveva cominciato a cacciare dei germogli. Allora mio padre disse:"Eppure ero sicuro che quest'albero fosse morto. Ha perso tutte le foglie durante l'inverno, e per il freddo rigido che c'è stato, i rami si sono rovinati e sono caduti, proprio come se nel vecchio tronco non fosse rimasto nemmeno un pizzico di linfa vitale. Ora invece mi accorgo che c'era ancora vita in quest'albero! " Rivolgendosi a me, allora mi disse: "Oggi ho imparato una lezione molto importante, e non la dimenticherò mai più. Non dimenticarla nemmeno tu, figlio mio. Non tagliare mai un albero in inverno!"
Mai prendere decisioni affrettate nei momenti in cui sembra che tutto vada a rotoli, che niente giri per il giusto verso. Nelle situazioni in cui nella testa i pensieri più neri sembrano avere la meglio, forse è necessario mettere in pratica la pazienza del saper aspettare, tutte le burrasche improvvise danno origine a nuovi scenari inaspettati.
Quando “la tempesta” sarà passata riusciremo a “vedere” le cose nella giusta dimensione e ciò che inizialmente era nascosto, sarà palese!
Il trucco è “comunicare” apertamente e direttamente...poi tutti i tasselli andranno al loro posto e il quadro confuso ci abbaglierà della sua luce!

mercoledì 2 novembre 2011

La bottiglia di profumo


Nel paese dove insegnava era considerata la maestra più severa della scuola.
Come la maggior parte delle maestre dichiarava sempre di non avere preferenze,
ma non era proprio così… in prima fila c’era un’alunna malvestita, poco pulita e piuttosto distratta.
La maestra la riprendeva spesso, correggeva con la penna rossa tutti i suoi compiti e li marcava con uno zero.
Un giorno, leggendo il curriculum di quell’alunna, trovò scritto dalla maestra del primo anno:
“È un’ottima alunna, studia con impegno e dedizione: è un piacere averla vicino”.
 La maestra del secondo anno aveva scritto: “È un’eccellente studentessa e si comporta molto bene coi suoi compagni,
ma ultimamente appare preoccupata perché sua madre ha una grave malattia”.
Quella del terzo: “La madre dell’alunna è morta, è stato molto duro per lei.
Lei cerca di fare molti sforzi, ma la situazione è pesante e difficile. Bisogna trovare il modo di aiutarla”.
La maestra del quarto: “L’alunna rimane spesso indietro rispetto ai suoi compagni e non mostra interesse per lo studio.
In classe spesso si addormenta”.
Finalmente l’attuale maestra capì il problema della bambina e ci rimase male per non aver indagato prima sulle cause.
Quando arrivò la fine dell’anno scolastico si sentì ancora peggio quando aprì i regali degli alunni.
 Quello della bambina orfana era avvolto in un vecchio sacchetto e
 la maestra provò un enorme imbarazzo quando dovette aprirlo di fronte a tutti.
Trovò una vecchia bottiglietta di profumo, se ne mise due gocce e a quel punto gli alunni scoppiarono in una risata generale.
Alla fine della giornata, prima di uscire, la bambina si rivolse alla maestra:
“Signorina, oggi profuma come profumava la mia mamma”.
Da quel giorno la maestra decise di mettere in secondo piano la matematica,
la storia e la geografia e si dedicò ad educare i suoi alunni,
 ponendo particolare attenzione a quelli che presentavano maggiori difficoltà.
Quell’anno la bambina orfana fece passi da gigante e divenne una delle alunne migliori.
Tre anni dopo la maestra ricevette una lettera della ex alunna in cui le diceva che era stata una grande maestra.
 Poi ne ricevette un’altra dopo cinque anni nella quale le raccontava che
si era diplomata col massimo dei voti e che lei era stata una bravissima maestra.
E così fu fino alla laurea, ripetendole sempre che era stata la miglior maestra della sua vita.
Una delle ultime lettere era firmata “Dottoressa”; era l’invito al suo matrimonio.
La ragazza desiderava che alla cerimonia, la sua adorata maestra occupasse il posto di sua madre.

Ognuno di noi può essere per gli altri  motivo di speranza e di gioia, basta saper vedere le necessità di chi ci sta intorno.
Per fare questo occorre saper guardare "oltre" se stessi  e non sempre è facile...


martedì 1 novembre 2011

Il giorno diventò piccolo


Il Giorno diventò piccolo, circondato tutto
Dalla precoce, incombente Notte -
Il Pomeriggio in Sera profonda
La sua Gialla brevità distillò -
I Venti smorzarono i loro passi marziali
Le Foglie ottennero tregua -
Novembre appese il suo Cappello di Granito
A un chiodo di Felpa 
-E. Dickinson-

sabato 1 ottobre 2011

"Undici minuti"


L’amore non sta nell’altro, ma dentro noi stessi. Siamo noi che lo risvegliamo. Ma perché ciò accada, abbiamo bisogno dell’altro. L’universo ha senso solo quando abbiamo qualcuno con cui condividere le nostre emozioni.
La Passione ti fa smettere di mangiare, di dormire, di lavorare, di vivere in pace. Molti si spaventano perché, quando compare, distrugge tutto ciò che di vecchio incontra. Nessuno vuole mettere a soqquadro il proprio mondo. Perciò alcune persone, tante, riescono a controllare questa minaccia, mantenendo in piedi una casa o una struttura già marcia. Sono gli ingegneri delle cose superate.
Altri individui pensano esattamente il contrario: si abbandonano senza riflettere, aspettandosi di trovare nella passione la soluzione di tutti i loro problemi. Attribuiscono all’altro il merito della propria felicità, e la colpa della propria possibile infelicità. Sono sempre euforici perché è accaduto qualcosa di meraviglioso, oppure depressi perché un evento inatteso ha finito per distruggere tutto.
Sottrarsi alla passione, o abbandonarvisi ciecamente: quale di questi atteggiamenti è il meno distruttivo? Non lo so.
Il desiderio profondo, più reale, è quello di avvicinarsi a qualcuno. Quando il desiderio è nel suo stato puro, uomo e donna si innamorano della vita, vivono ogni attimo con venerazione e in modo consapevole, aspettando sempre il momento giusto per celebrare la prossima benedizione. Queste persone non hanno fretta, non fanno precipitare gli eventi con azioni inconsapevoli: sanno che l’inevitabile si manifesterà, che ciò che è autentico troverà sempre una maniera di mostrarsi. Quando arriva il momento, non esitano, non perdono l’occasione, non si lasciano sfuggire un solo attimo magico perché conoscono e rispettano l’importanza di ogni secondo.
Ho lasciato che mi innamorassi per una semplice ragione: non mi aspetto nulla.
-Paulo Coelho-

mercoledì 21 settembre 2011

Ha messo chiome il bosco d'autunno.


Ha messo chiome il bosco d'autunno.
Vi dominano buio,sogno e quiete.
Nè scoiattoli,nè civette o picchi
lo destano dal sogno.
E il sole pei sentieri dell'autunno
entrando dentro quando cala il giorno
si guarda intorno bieco con timore
cercando in esso trappole nascoste.
 -B.Pasternak-

L'estate è finita


    Sono più miti le mattine
    E più scure diventano le noci
    E le bacche hanno un viso più rotondo,
    La rosa non è più nella città.

    L'acero indossa una sciarpa più gaia,
    E la campagna una gonna scarlatta.
    Ed anch'io, per non essere antiquata,
    Mi metterò un gioiello.
    -Emily Dickinson-