lunedì 28 novembre 2011

Le 7 meraviglie


Era stato chiesto a un gruppo di studenti di redigere la lista di quelle che credevano essere « le sette meraviglie del mondo » della nostra epoca.
Ci sono state delle differenze, ma eccovi quelle che hanno ricevuto più voti:
1. Le piramidi d’Egitto
2. Il Taj Mahal
3. Il Grand Canyon
4. Il Canale di Panama
5. L’Empire State Building
6. La Basilica di S. Pietro
7. Le Grande Muraglia Cinese
Mentre dava le note, l’insegnante ha notato che una studentessa non aveva consegnato il suo foglio, ancora bianco.
L’insegnante chiese alla studentessa se avesse difficoltà a compilare la sua lista. Lei rispose: «sì, un po’. È difficile decidere, ce ne sono talmente tante!»
L’insegnante le disse «dicci quali sono le possibilità, potremmo aiutarti».
La ragazza esitò un po’, poi disse «Credo che le sette meraviglie del mondo siano :
1. VEDERE
2. SENTIRE
3. TOCCARE
4. GUSTARE
5. AVERE DEI SENTIMENTI
6. RIDERE
7. AMARE.

Ricordati: Le cose più preziose non possono essere comprate nè costruite dall’uomo.
Forse è giunto il momento che ognuno di noi si decida a "vedere" i grandi tesori che possiede e che cerca al di fuori di se stesso..

domenica 27 novembre 2011

Il piccolo mago


Il piccolo mago era sempre stato allegro e di buon umore. Ma negli ultimi tempi, veniva assalito da improvvise tristezze e pensieri pieni di nuvoloni neri.
Le mele sono mature, pensava, e io non ho nessuno con cui condividere una bella mela rossa. I funghi sono cresciuti nel bosco, ma non c'è nessuno che viene a raccoglierli con me per fare insieme una squisita pizza ai funghi. E sospirava pensando a come sarebbe stato
bello avere un amico.
Un giorno passò di là un ragazzo. Lesto il piccolo mago uscì dalla sua casetta nel bosco e gli domandò:
"Vuoi essere mio amico?".
"Ho già un amico, si chiama Mariolone" rispose il ragazzo e continuò la sua strada.
Allora il piccolo mago andò a trovare il leprotto e gli chiese: "Vuoi essere mio amìco?..."
Ma il leprotto si accontentò di scuotere la testa e fare "no" con le lunghe orecchie. La stessa cosa risposero il capriolo, il cinghiale e il boscaiolo.
"Tanto peggio per voi!" pensò il piccolo mago.
"Io posso farmi un amico perfetto con un colpo di bacchetta magica". Salì su una grossa pietra, si avvvolse nel mantello blu picchiettato di stelle dorare, alzò la bacchetta e pronunciò una formula magica. Poi chiuse gli occhi, perché voleva farsi una sorpresa, e quando li aprì, accanto a lui era ferma una minuscola civetta.
"Abracada... braccidenti!" esclamò sorpreso il piccolo mago, "mi ero immaginato un amico un po' più grosso".
"Un amico non si può fabbricare con un colpo di bacchetta magica" dichiarò la civetta, aprendo e chiudendo gli occhi grossi e tondi. "Un amico, bisogna meritarlo e guadagnarselo. E poco importa se è piccolo o grosso!".
Allora il piccolo mago si sforzò di guadagnarsi l'amicizia della piccola civetta. Cantavano insieme, giocavano agli indovinelli e il piccolo mago portava la civetta a passeggio tenendola sulla sua mano. Così un giorno si accorsero che erano diventati veramente amici ed era una cosa stupenda.
Ma un giorno, vagabondando nel bosco, giunsero in una dorata radura di faggi.
"Guarda" esclamò subito la civetta e indicò una cavità nera nel tronco di un albero. "È là che voglio abitare!".
"Ma", obiettò il piccolo mago, "tu non puoi abbandonarmi. Tu sei mio amico".
"Si" rispose la civetta, che era già scivolata nella cavità dell'albero, "ma io sono una civetta e una civetta deve abitare in un albero. È sempre stato così! Per favore, dammi il permesso! Io sarò felice. E chi ama veramente un amico, deve aiutarlo ad essere felice".
"Chi ama veramente un amico, deve aiutarlo ad essere felìce" ripeté lentamente il piccolo mago.
E così sono rimasti amici per sempre.

..."chi ama veramente un amico, deve aiutarlo ad essere felice".

sabato 26 novembre 2011

Realizza il tuo sogno...


Una volta ci fu una gara di formichine.
L'obiettivo era arrivare in cima a una gran torre.
Si radunò molta gente per vedere e fare il tifo per loro.
Cominciò la gara.
In realtà, la gente non credeva possibile che le formichine potessero raggiungere la cima, e tutto quello che si ascoltava erano frasi tipo:
"Che pena!!! Non ce la faranno mai!"
Le formichine cominciarono a desistere, tranne una che continuava a cercare di raggiungere la cima.
La gente continuava:
"Che pena!!! Non ce la faranno mai!"
Le formichine, uno dopo l'altra, iniziarono a darsi per vinte tranne la solita formica testarda che continuava ad insistere.
Alla fine, tutte desistettero tranne quella formica che, sola e con grande sforzo, raggiunse alla fine la cima.
Le altre, sorprese, vollero subito sapere come avesse fatto a non farsi condizionare dai giudizi negativi degli spettatori.
Una delle formiche si avvicinò ed ebbe il coraggio di chiederlo.
E così, scoprirono, che era sorda!

Preoccupati di essere sempre positivo e sii sempre sordo quando
qualcuno ti dice che non puoi realizzare i tuoi sogni...
Se intravedi la TUA FELICITA' RINCORRILA perchè lei non si ferma ad aspettarti..

Si chiamava Fleming


Si chiamava Fleming ed era un povero contadino scozzese.
Un giorno, mentre stava lavorando, sentì un grido d'aiuto venire da una palude vicina.
Immediatamente, lasciò i propri attrezzi e corse alla palude. Lì, bloccato fino alla cintola nella melma nerastra, c'era un ragazzino terrorizzato che urlava e cercava di liberarsi.
Il fattore Fleming salvò il ragazzo da quella che avrebbe potuto essere una morte lenta e orribile.
Il giorno dopo una bella carrozza attraversò i miseri campi dello scozzese; ne scese un gentiluomo elegantemente vestito che si presentò come il padre del ragazzo che Fleming aveva salvato:
"Vorrei ripagarvi, gli disse il gentiluomo, avete salvato la vita di mio figlio".
"Non posso accettare un pagamento per quello che ho fatto" replicò il contadino scozzese rifiutando l'offerta. In quel momento il figlio del contadino si affacciò alla porta della loro casupola.
"È vostro figlio?" Chiese il gentiluomo. "Si" rispose il padre orgoglioso.
"Vi propongo un patto: lasciate che provveda a dargli lo stesso livello di educazione che avrà mio figlio. Se il ragazzo somiglia al padre, non c'è dubbio che diventerà un uomo di cui entrambi saremo orgogliosi".
E così accadde. Il figlio del fattore Fleming frequentò le migliori scuole dell'epoca, si laureò presso la scuola medica dell'ospedale St. Mary di Londra e diventò celebre nel mondo come sir Alexander Fleming, lo scopritore della penicillina. Anni dopo, lo stesso figlio del gentiluomo che era stato salvato dalla palude si ammalò di polmonite.
Questa volta fu la penicillina a salvare la sua vita.
Il nome del gentiluomo era lord Randolph Churchill e quello di suo figlio sir Winston Churchill.

Nella vita quello che dai è quello che ti ritorna!
Lavorate come se non aveste alcun bisogno di uno stipendio, amate incondizionatamente e non andate a scrostare le ferite dovute alle arrabbiature, danzate come solo oi sapete fare incuranti di chi vi sta a guardare e giudica quello che state facendo, cantate anche se siete stonati e soprattutto sorridete alla vita!
Questa “storia vera” mi ha fatto molto riflettere sui valori che ognuno di noi ha e di come agisce secondo coscienza...
Buon fine settimana a tutti!

giovedì 17 novembre 2011

Il mio sguardo vaga


Quando il mio sguardo si posa
sul volto ricordato
ne rimane incatenato
e non sa da lì distaccarsi.
E' uno sguardo che va lontano
e si perde nel labirinto
delle emozioni insieme vissute.
Lì resta a sostare
e gli piace ripercorrere
le tappe del nostro procedere.
E' uno sguardo che viaggia,
non si stanca di veleggiare
verso i lidi costruiti,
con tenacia e determinazione,
da due animi che si completavano
e insieme procedevano.
Lo sguardo vaga,
l'orecchio risente la gioiosa risata,
l'olfatto percepisce quell'aroma
di tabacco e muschio
che ti caratterizzava.
Una melodia in lontananza
annuncia che la nostra musica
non è ancora terminata
e che aspetta di riessere
ascoltata...
-Annamaria Ponziani-

Non essere uno spettatore

 
Un giorno scoppiò un grande incendio nel bosco.
Tutti gli animali correvano per paura di morire.
Uno di loro, un piccolo scimmiotto, salì su un albero per osservare, dall'alto, come bruciava il bosco.
Ad un tratto vide come un colibrì, piccolino, piccolino, che volava con gran premura fino al lago più vicino, riempiva il suo piccolo becco con l'acqua, una o due gocce solamente, e ritornava velocemente a versare il liquido sul gran fuoco che minacciava di distruggere tutto.
Lo scimmiotto guardava con quanta premura il colibrì faceva il suo lavoro,
versando gocce d'acqua sul vorace incendio.
Ad un certo punto gridò al colibrì:
"Ehi, colibrì!
Non essere sciocco, tu credi di poter domare le fiamme con il tuo lavoro?
Non ci riuscirai mai! Non vedi che é enorme per te?
Non essere sciocco, desisti e mettiti in salvo!"
Il colibrì fissò con lo sguardo gli occhi dello scimmiotto e gli disse:
"E' vero, io sono piccolo e forse non riuscirò a spegnere il fuoco, però sto cercando di lottare contro l'incendio, e nessuno mi potrà mai dire che sono rimasto seduto ad osservare il bosco in fiamme senza preoccuparmene!"
Così dicendo, tornò al suo lavoro.
Lo scimmiotto si sentì a disagio dopo aver udito le parole coraggiose del colibrì; scese dall'albero, corse al lago, riempì la sua bocca e le sue mani d'acqua e tornò di corsa a versarla sul fuoco.
Altri animali del bosco, vedendo ciò che facevano il colibrì e lo scimmiotto,
cominciarono a fare altrettanto, e così, insieme, riuscirono a spegnere il fuoco, salvando le loro tane.

Non restare mai come spettatore ad osservare il mondo che brucia! Ognuno di noi ha delle responsabilità che non può e non deve delegare agli altri!
Non dobbiamo mai predicare bene e razzolare male, saremmo un pessimo esempio per i nostri figli che hanno bisogno di coesenza, coraggio, determinazione e senso di responsabilità!

giovedì 10 novembre 2011

Il coraggio di tagliare i rami

Un grande re ricevette in omaggio due pulcini di falco e si affrettò a consegnarli al maestro di falconeria perché li addestrasse.
Dopo qualche mese,
il maestro comunicò al re che uno dei due falchi era perfettamente addestrato.
«E l'altro?» chiese il re.
«Mi dispiace, sire, ma l'altro falco si comporta stranamente; forse è stato colpito da una malattia rara, che non siamo in grado di curare.
Nessuno riesce a smuoverlo dal ramo dell'albero su cui è stato posato il primo giorno.
Un inserviente deve arrampicarsi ogni giorno per portargli il cibo».
Il re convocò veterinari e guaritori ed esperti di ogni tipo, ma nessuno riuscì a far volare il falco.
Incaricò del compito i membri della corte, i generali, i consiglieri più saggi,
ma nessuno poté schiodare il falco dal suo ramo.
Dalla finestra del suo appartamento, il monarca poteva vedere il falco immobile sull'albero, giorno e notte.
Un giorno fece proclamare un editto in cui chiedeva ai suoi sudditi un aiuto per il problema.
Il mattino seguente, il re spalancò la finestra e, con grande stupore,
vide il falco che volava superbamente tra gli alberi del giardino.
«Portatemi l'autore di questo miracolo» ordinò.
Poco dopo gli presentarono un giovane contadino.
«Tu hai fatto volare il falco? Come hai fatto? Sei un mago, per caso?» gli chiese il re.
Intimidito e felice, il giovane spiegò: «Non è stato difficile, maestà. Io ho semplicemente tagliato il ramo.
Il falco si è reso conto di avere le ali ed ha incominciato a volare!»

Talvolta, Dio permette a qualcuno di tagliare il ramo delle nostre false sicurezze a cui siamo tenacemente attaccati, affinché ci rendiamo conto

di avere le "ali" per volare alto e fare della nostra vita un capolavoro...

mercoledì 9 novembre 2011

Romanzo

 
"Il romanzo è la storia naturale del cuore umano. La storia vi parla degli altri, il romanzo vi parla di voi".
-Alphonse Karr-

sabato 5 novembre 2011

Il pozzo e la pozzanghera


...riflessione della sera...
Un giorno una pozzanghera disse al pozzo vicino a sé: "Che vita insignificante la mia! Nessuno si accorge di me se non che qualche uccellino ogni tanto, per bere un po' d'acqua. Tu invece sei ben conosciuto e vengono a te da lontano, ti hanno dato persino un nome".
Il pozzo le rispose: "Cara amica mia, è vero che vengono da lontano e che mi hanno dato un nome, ma non vengono per me, vengono tutti a prendere l'acqua che la terra mi dona e se ne vanno felici per l'acqua che possono prendere. Ma a me va bene così, perché in ogni caso li vedo andar via contenti. Ma anche tu non devi lamentarti, perché è vero che non hai un nome ma quando la tua acqua è calma, riflette lo stupendo azzurro del cielo sulla terra, mentre la mia acqua non ha che buio attorno a sé.
Pensaci amica mia, ciò che conta sia per me che per te è permettere all'acqua che ci viene donata di dissetare chi ne ha bisogno.
Tu cara amica, disseti chi non sa più guardare il cielo".

...se ci si guarda intorno, forse si vede ciò che c'è, ma che non sappiamo apprezzare...

venerdì 4 novembre 2011

Ira e perdono


Un uomo era sovente preso dell'ira, specialmente quando si sentiva ferito nel suo intimo. E più manifestava la sua ira, più si accorgeva che la gente si allontanava da lui; per non ferirlo, preferiva tacere.
Addolorato per questo fatto, l'uomo andò un giorno a chiedere consiglio a un sapiente.
"Come sei nella tua ira?", gli domandò costui.
"Sono fuori di me".
"Hai detto bene. Mentre però tu sei fuori di te, gli altri sono in sé. In tal modo la tua ira, che per te è uno sfogo, per gli altri diventa una sopraffazione violenta. L'ira, per chi la subisce, ha il volto della vendetta. Se ti piace così..."
"Non mi piace", rispose l'uomo. "Come debbo fare?".
"Impara l'arte del perdono".
"Mi è così difficile perdonare..."
"Non ti chiedo di perdonare gli altri, ma te stesso. Quando sei preda dell'ira, abbi pietà di te: l'ira si scioglierà"

Il vero perdono, quindi, è incondizionato, ma può nascere solo dalla presa di coscienza umile e sincera della propria fragilità. In alcuni casi, però, noi non perdoniamo di cuore gli altri perché non sappiamo perdonare noi stessi: proiettiamo in loro le nostre fragilità che odiamo e che non osiamo confessare per orgoglio.
Spesso, poi, certe forme di perdono sono dettate da un sottile orgoglio o da un certo senso di superiorità, se non adirittura da un calcolo politico o da una ricerca di potere sugli altri...
Il difficile non è perdonare gli altri, ma perdonare noi stessi! Mondo birbone, è proprio difficile!

giovedì 3 novembre 2011

Non tagliare mai gli alberi in inverno


Ricordo che, un inverno molto rigido era finita tutta la scorta di legna che mio padre aveva fatto durante l'anno. Ora c'era bisogno d'altra legna, cosicché cercò un albero morto, e lo tagliò. quando arrivò la primavera, si rese conto, con gran tristezza,che quel tronco che lui aveva ritenuto morto, aveva cominciato a cacciare dei germogli. Allora mio padre disse:"Eppure ero sicuro che quest'albero fosse morto. Ha perso tutte le foglie durante l'inverno, e per il freddo rigido che c'è stato, i rami si sono rovinati e sono caduti, proprio come se nel vecchio tronco non fosse rimasto nemmeno un pizzico di linfa vitale. Ora invece mi accorgo che c'era ancora vita in quest'albero! " Rivolgendosi a me, allora mi disse: "Oggi ho imparato una lezione molto importante, e non la dimenticherò mai più. Non dimenticarla nemmeno tu, figlio mio. Non tagliare mai un albero in inverno!"
Mai prendere decisioni affrettate nei momenti in cui sembra che tutto vada a rotoli, che niente giri per il giusto verso. Nelle situazioni in cui nella testa i pensieri più neri sembrano avere la meglio, forse è necessario mettere in pratica la pazienza del saper aspettare, tutte le burrasche improvvise danno origine a nuovi scenari inaspettati.
Quando “la tempesta” sarà passata riusciremo a “vedere” le cose nella giusta dimensione e ciò che inizialmente era nascosto, sarà palese!
Il trucco è “comunicare” apertamente e direttamente...poi tutti i tasselli andranno al loro posto e il quadro confuso ci abbaglierà della sua luce!

mercoledì 2 novembre 2011

La bottiglia di profumo


Nel paese dove insegnava era considerata la maestra più severa della scuola.
Come la maggior parte delle maestre dichiarava sempre di non avere preferenze,
ma non era proprio così… in prima fila c’era un’alunna malvestita, poco pulita e piuttosto distratta.
La maestra la riprendeva spesso, correggeva con la penna rossa tutti i suoi compiti e li marcava con uno zero.
Un giorno, leggendo il curriculum di quell’alunna, trovò scritto dalla maestra del primo anno:
“È un’ottima alunna, studia con impegno e dedizione: è un piacere averla vicino”.
 La maestra del secondo anno aveva scritto: “È un’eccellente studentessa e si comporta molto bene coi suoi compagni,
ma ultimamente appare preoccupata perché sua madre ha una grave malattia”.
Quella del terzo: “La madre dell’alunna è morta, è stato molto duro per lei.
Lei cerca di fare molti sforzi, ma la situazione è pesante e difficile. Bisogna trovare il modo di aiutarla”.
La maestra del quarto: “L’alunna rimane spesso indietro rispetto ai suoi compagni e non mostra interesse per lo studio.
In classe spesso si addormenta”.
Finalmente l’attuale maestra capì il problema della bambina e ci rimase male per non aver indagato prima sulle cause.
Quando arrivò la fine dell’anno scolastico si sentì ancora peggio quando aprì i regali degli alunni.
 Quello della bambina orfana era avvolto in un vecchio sacchetto e
 la maestra provò un enorme imbarazzo quando dovette aprirlo di fronte a tutti.
Trovò una vecchia bottiglietta di profumo, se ne mise due gocce e a quel punto gli alunni scoppiarono in una risata generale.
Alla fine della giornata, prima di uscire, la bambina si rivolse alla maestra:
“Signorina, oggi profuma come profumava la mia mamma”.
Da quel giorno la maestra decise di mettere in secondo piano la matematica,
la storia e la geografia e si dedicò ad educare i suoi alunni,
 ponendo particolare attenzione a quelli che presentavano maggiori difficoltà.
Quell’anno la bambina orfana fece passi da gigante e divenne una delle alunne migliori.
Tre anni dopo la maestra ricevette una lettera della ex alunna in cui le diceva che era stata una grande maestra.
 Poi ne ricevette un’altra dopo cinque anni nella quale le raccontava che
si era diplomata col massimo dei voti e che lei era stata una bravissima maestra.
E così fu fino alla laurea, ripetendole sempre che era stata la miglior maestra della sua vita.
Una delle ultime lettere era firmata “Dottoressa”; era l’invito al suo matrimonio.
La ragazza desiderava che alla cerimonia, la sua adorata maestra occupasse il posto di sua madre.

Ognuno di noi può essere per gli altri  motivo di speranza e di gioia, basta saper vedere le necessità di chi ci sta intorno.
Per fare questo occorre saper guardare "oltre" se stessi  e non sempre è facile...


martedì 1 novembre 2011

Il giorno diventò piccolo


Il Giorno diventò piccolo, circondato tutto
Dalla precoce, incombente Notte -
Il Pomeriggio in Sera profonda
La sua Gialla brevità distillò -
I Venti smorzarono i loro passi marziali
Le Foglie ottennero tregua -
Novembre appese il suo Cappello di Granito
A un chiodo di Felpa 
-E. Dickinson-