venerdì 4 novembre 2011

Ira e perdono


Un uomo era sovente preso dell'ira, specialmente quando si sentiva ferito nel suo intimo. E più manifestava la sua ira, più si accorgeva che la gente si allontanava da lui; per non ferirlo, preferiva tacere.
Addolorato per questo fatto, l'uomo andò un giorno a chiedere consiglio a un sapiente.
"Come sei nella tua ira?", gli domandò costui.
"Sono fuori di me".
"Hai detto bene. Mentre però tu sei fuori di te, gli altri sono in sé. In tal modo la tua ira, che per te è uno sfogo, per gli altri diventa una sopraffazione violenta. L'ira, per chi la subisce, ha il volto della vendetta. Se ti piace così..."
"Non mi piace", rispose l'uomo. "Come debbo fare?".
"Impara l'arte del perdono".
"Mi è così difficile perdonare..."
"Non ti chiedo di perdonare gli altri, ma te stesso. Quando sei preda dell'ira, abbi pietà di te: l'ira si scioglierà"

Il vero perdono, quindi, è incondizionato, ma può nascere solo dalla presa di coscienza umile e sincera della propria fragilità. In alcuni casi, però, noi non perdoniamo di cuore gli altri perché non sappiamo perdonare noi stessi: proiettiamo in loro le nostre fragilità che odiamo e che non osiamo confessare per orgoglio.
Spesso, poi, certe forme di perdono sono dettate da un sottile orgoglio o da un certo senso di superiorità, se non adirittura da un calcolo politico o da una ricerca di potere sugli altri...
Il difficile non è perdonare gli altri, ma perdonare noi stessi! Mondo birbone, è proprio difficile!

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