Lotti contro la tua superficialità, la tua faciloneria, per cercare di
accostarti alla gente senza aspettative illusorie, senza un carico
eccessivo di pregiudizi, di speranze o di arroganza, nel modo meno
simile a quello di un carro armato, senza cannoni, mitragliatrici e
corazze d’acciaio spesse quindici centimetri; offri alla gente il tuo
volto più bonario, camminando in punta di piedi invece di sconvolgere il
terreno con i cingoli, e l’affronti con larghezza di vedute, da pari a
pari, da uomo a uomo, come si diceva una volta, e tuttavia non manchi
mai di capirla male. Tanto varrebbe avere il cervello di un carro
armato. La capisci male prima di incontrarla, mentre pregusti il momento
in cui l’incontrerai; la capisci male mentre sei con lei; e poi vai a
casa, parli con qualcun altro dell’incontro, e scopri ancora una volta
di aver travisato. Poiché la stessa cosa capita, in genere, anche ai
tuoi interlocutori, tutta la faccenda è, veramente, una colossale
illusione priva di fondamento, una sbalorditiva commedia degli equivoci.
Eppure, come dobbiamo regolarci con questa storia, questa storia così
importante, la storia degli altri, che si rivela priva del significato
che secondo noi dovrebbe avere e che assume invece un significato
grottesco, tanto siamo male attrezzati per discernere l’intimo lavorio e
gli scopi invisibili degli altri? Devono, tutti, andarsene e chiudere
la porta e vivere isolati come fanno gli scrittori solitari, in una
cella insonorizzata, creando i loro personaggi con le parole e poi
suggerendo che questi personaggi di parole siano più vicini alla realtà
delle persone vere che ogni giorno noi mutiliamo con la nostra
ignoranza? Rimane il fatto che, in ogni modo, capire bene la gente non è
vivere. Vivere è capirla male, capire male e poi male e, dopo un
attento riesame, ancora male. Ecco come sappiamo di essere vivi:
sbagliando. Forse la cosa migliore sarebbe dimenticare di avere ragione o
torto sulla gente e godersi semplicemente la gita. Ma se ci riuscite….
Beh, siete fortunati.
da Pastorale Americana di Philip Roth (1997)